Testimonianze dal mondo Caritas
In questa pagina sono raccolte le testimonianze

Testimonianza di Adama
Il momento che stiamo vivendo evidenzia del difficoltà nel mondo, molte persone che hanno perso la vita, c’è ancora tante gente a ospedale. La situazione è un po’ preoccupante. Molte famiglie hanno finito i soldi per la spesa. Ho notato traverso il servizio di volontariato che tante persone anziane e giovani vengono a mangiare alla mensa e vanno via contente perché hanno soddisfatto il loro bisogno, poi ho pensato se non c’era la Caritas cosa sarebbe successo? Un ringraziamento ai membri della Caritas, alle persone e ai volontari, un esempio per aiutare le persone.

Testimonianza di Aldo
Essere presente nella mensa in questo periodo mi fa venire in mente sensazioni di gioia e di tristezza insieme. Gioia perché vedo tante persone che hanno voglia di spendersi per gli altri. Riceviamo spesso telefonate di persone che si rendono disponibili a fare qualche servizio. Non si tratta solamente di chi in questo momento non lavora e quindi è disposto a dare una mano; vedendole al lavoro si tocca con mano che c’è veramente voglia di aiutare, di condividere e restano a volte sorpresi nello scoprire quanta umanità c’è negli altri volontari e negli ospiti. E’ una ricchezza da coltivare. Tristezza perché sentendo alcuni volontari più anziani o con problemi di salute che in questo momento non possono venire, si scopre quanto manca il servizio alla mensa, quell’appuntamento tra amici che da anni si ritrovano per dare qualcosa agli altri. In queste festività di Pasqua va a loro un grato pensiero e offriamo al Signore questo sacrificio. In queste sensazioni, unisco anche il ricordo del nostro caro Pino che ci ha lasciato da poco. Nel mettere a posto alcune cose, Carmine ha ritrovato questa foto che ritrae un gruppetto del “sabato”: Carmine, Pino, Tommaso e me. E’ un caro ricordo che voglio condividere.

Testimonianza di Alessia
Prima di tutto ci tengo a dire che contrariamente a quanto la maggior parte delle persone possano pensare, io sono grata al Covid-19, perché finalmente abbiamo dovuto fermare la nostra irrefrenabile corsa quotidiana… e nel restare fermi siamo stati invitati (o costretti che dir si voglia) , a riflettere su ciò che veramente è importante nella vita, le relazioni appunto. Lo scorrere del tempo e della quotidianità non ci permette talvolta di farlo, sempre alle prese con mille sane occupazioni, sempre immersi in diverse attività, lodevoli senza dubbio, ma che inevitabilmente ci tolgono spazio e tempo per le vere (e riscoperte ultimamente) priorità della vita! Nella nuova modalità lavorativa che questa epidemia mi conduce a vivere, ho assaporato di nuovo, il piacere di restare accanto agli altri… Anche nel silenzio, anche se nella distanza fisica dovuta alle misure di precauzione, ma ti confesso che la vicinanza del cuore si fa ancora più prossima con chi abbiamo la fortuna di condividere questi momenti… Uomini, donne, italiani e stranieri con un passato importante e pesante alle spalle, glielo leggi dagli occhi, bisognosi anche solo di un sorriso, che però può cambiarti la giornata! Le persone che ci ruotano attorno in questo contesto del Dormitorio/centro Diurno che stiamo vivendo da qualche settimana, mi stanno regalando emozioni che non mi aspettavo, io stessa vivo queste giornate con una grande gioia nel cuore: servire la merenda il pomeriggio, assicurarsi che il riscaldamento sia efficiente…che le loro camere siano pulite e profumate, sono tutti dettagli dettati da una giustificata prudenza e sicurezza sì, ma soprattutto dal desiderio di regalare momenti di coccole e felicità a chi non è più abituato a riceverle… e forse, ha perso anche la speranza di meritarle. Cercare davvero di farli sentire a casa…provando a donare loro l’affetto di una famiglia. Io è esattamente così che mi sento in Caritas. Notizia di questa mattina: mi contatta un signore che con un po’ di imbarazzo, mi confessa di trovarsi nella difficoltà economica a causa della chiusura di molte aziende di diverso settore. Mi dice che è costretto a rivolgersi al nostro centro di distribuzione viveri perché non ha la possibilità di ricevere i suoi compensi economici. “Vi ringrazio e benedico il Signore perché esiste la Caritas, altrimenti non saprei cosa fare!” Mi, dice, emozionato. Ecco, anche questo ci ricompensa di tutto l’impegno che cerchiamo di mettere in ogni opera che facciamo. Per citare San Francesco… È nel donare che si riceve, Nel dimenticare se stessi, che ci si ritrova… Mettiamo un po’ da parte noi per fare spazio agli altri NOI… Grazie Caritas, Grazie Covid-19 perché nel metterci in ginocchio ci dai la possibilità di guardare il mondo e chi ci circonda da una prospettiva diversa, quella giusta!

Testimonianza di Camilla
In un mondo che è andato in vacanza per un po’ di tempo e ha chiuso le serrande addormentandosi esiste un’organizzazione che in ferie non va mai ovvero la mensa della Caritas. La fame è un bene fisiologico primario che non passa tappandosi le orecchie o pensando ad altro e la sicurezza che esista un posto dove si possa continuare ad andare nonostante il momento critico di difficoltà è un’ancora di salvezza per le persone, passando il termine, “dimenticate dalla società” La quarantena, infatti, se per alcuni può essere vissuta come momento di riposo o che non comporta problemi per altri non è vissuta allo stesso modo. Molti di coloro che vengono alla mensa o usufruiscono dei servizi Caritas non hanno una casa o una famiglia con cui passare questi momenti e non hanno di certo sempre un piatto caldo pronto sul tavolo da condividere in armonia con parenti o amici. Ecco perché noi del progetto co-housing, io Carla, Rick e Adama abbiamo accolto con enorme piacere la possibilità di partecipare come aiutanti volontari al servizio mensa. Oltre ad essere per noi un momento quasi di svago dalla routine di quarantena forzata è anche un modo per dare un contributo, seppur minimo, a queste persone che non hanno le nostre stesse fortune. Muniti di guanti e mascherina prepariamo le pietanze che vengono distribuite poi da altri addetti ai tavoli. La cucina è gestita dall’occhio vigile di Valeria che oltre a cucinare si adopera anche a consegnare cibo a chi non può entrare alla mensa. Col passare dei giorni è bello scoprire anche qualche storia di persone abituali o strane manie come quella di un professore che adora gli si mettano da parte i culetti della baguette o una signora che vuole la pizza sempre con le verdure. In conclusione credo che il servizio alla mensa oltre ad essere fondamentale è anche arricchente personalmente e sono felice di potervi continuare a collaborare.

Testimonianza di Carla
Erano le undici del mattino. Io e Adama, uno dei miei compagni di viaggio nell’avventura del progetto Abitiamo, camminavano lungo il corso di Viterbo. La città pareva immobile. Non una persona, un grido, un brusio per la strada. Solo voci lontane, rifugiate nelle loro case, coperte da una coltre di paura e di impotenza. Neanche noi parlavamo e i nostri piedi si muovevano coordinandosi al ritmo di quell’ insolito silenzio. Non pronunciavamo parola ma ascoltavamo i raggi del sole. Quando ciò a cui sei abituato ti viene negato tutto assume un sapore diverso. Impari a dare valore a ciò che hai e di cui prima neanche ti rendevi conto. E così il cielo non è più una scontata macchia azzurra che si poggia silente sopra la tua testa ma diviene un grido liberatorio e rasserenante. Non era solo il tiepido calore di primavera a riscaldarci ma la direzione dei nostri passi. Andavamo alla mensa della Caritas diocesana. Sapevamo che lì non ci impegnavamo solo a preparare pasti caldi per i più bisognosi ma che ricevevamo e diffondevamo calore. Le mascherine che coprivano i volti non ci impedivano di scorgere l’esplosione di un sorriso. Le distanze di sicurezza non ostruivano il tragitto della gratitudine, che rimbombava così vicina. La mensa non è solo un posto dove ci si impegna per il soddisfacimento delle necessità primarie dei più vulnerabili. È un luogo di incontro, di condivisione, di umiltà, in cui chi viene sa di non trovare solo un pasto ma anche accoglienza e cura. E certe persone hanno bisogno più di altre di essere accolte e curate. Per alcuni l’umanità si è mostrata indifferente e impietosa ormai da tempo. I derelitti sono già abituati ad essere allontanati ed ora che il mondo si scopre così vulnerabile intensifica questa lontananza. Il male forse non è solo il Covid-19 ma è quello che si cela dietro la paura, l’individualismo, l’indifferenza. E così il mio pensiero non può far altro che indossare vesti riflessive e profonde. Rifletto su quanto questo duro pezzo di storia che siamo chiamati a vivere ci porti a scavarci dentro, ad addentrarci nei meandri della nostra sensibilità, a interrogarci sul vero significato della parola essere umano. Da qualche giorno alla mensa noi volontari abbiamo deciso di portare una radio per addolcire con la musica un momento tanto intriso di difficoltà e di preoccupazione. Una mattina, mentre ero intenta a riempire i piatti, una canzone si è diffusa nell’ aria e le sue parole ritmate e melodiose sono diventate un ritornello canticchiato anche dalla mia anima. “Come posso io non celebrarti vita? Oh, vita Oh, vita”

Testimonianza di Francesca
Mi manca il caffè. Sembra banale, eppure dietro al rito del caffè in ufficio ci sono i volti, il sorriso, la relazione, la condivisione e l’intimità. Di certo il mio lavoro con un pc e un telefono si può svolgere ovunque, eppure è anche quel caffè che fa la differenza tra il “fare” e “l’essere insieme”. In questo momento di emergenza, lo stare a distanza non limita solo il mio fare ma toglie quel gusto che da’ il sapore al fare. Credo che l’impegno di Caritas, ancor di più in questo momento, sia anche coltivare la speranza. Chi come me lavora nella progettazione deve avere, soprattutto oggi, il coraggio di sognare, di prendersi il rischio di guardare l’oltre, di essere visionario, di cercare di intuire al di là del presente, e quindi la responsabilità di provare a dare una forma al futuro. Ogni progetto è in fondo il formulario di un sogno. Perché, per far sì che nessuno resti indietro, serve colmare la distanza e bisogna anche fare in modo che ognuno possa partecipare alla scelta della direzione. E qui, ancora più forte con questa emergenza, provo a mettere il mio impegno.

Testimonianza di Giorgia
Quando a gennaio è stato avviato il progetto non avrei mai immaginato di trovarmi a fronteggiare una situazione simile e non ho pensato neppure per un istante di abbandonare il mio ruolo come operatrice di servizio civile in Caritas quando è stata prospettata la possibilità di sospendere il servizio o di continuare in un momento nel quale le mie azioni potevano essere ancora più importanti per gli altri. Ogni mattina mi reco in Caritas a svolgere i miei compiti; dietro la mia mascherina dono sorrisi mentre a lei è affidato il compito di nascondere le mie preoccupazioni. È meraviglioso, però, poter fare del bene, essere in prima linea per aiutare i più deboli. Sono ancora più felice della scelta che ho fatto tutte le volte che gli ospiti della mensa Caritas di Viterbo mi ringraziano infinitamente per esserci. Forse questa emergenza ci farà ritornare ad essere umani, vicini, uniti. Sarà meraviglioso.

Testimonianza di Lukusa
Sabato con Vincenzo abbiamo pulito fuori il giardino del Dormitorio, Per renderci utili durante la giornata. Un nuovo modo di lavorare e conoscere altre persone, persone nuove. Condividiamo con loro qualche ora della giornata come ci fossimo sempre conosciuti.

Testimonianza di Ombretta
Attività di ascolto al tempo del Covid 19….arduo descrivere ciò che si prova! Fino a qualche mese fa, incontravo le persone che arrivavano al Centro di Ascolto della Caritas diocesana accogliendole con un sorriso o una stretta di mano, instaurando così un primo rapporto di fiducia, ora mascherina e distanza sociale di sicurezza sono giustamente diventate due strumenti quotidiani della relazione con le persone ma rendono difficile mostrare vicinanza affettiva a chi si trova in una condizione di fragilità (sotto ogni punto di vista). Solo un esempio: qualche giorno fa si è rivolta al Centro di Ascolto una giovane mamma, il marito ha perso il lavoro a causa del Covid 19 e aveva bisogno di un sostegno materiale e morale; avrei tanto voluto abbracciarla ma non potevo… le mie parole attraverso la mascherina mi suonavano flebili ed ho avuto la spiacevole sensazione di non riuscire a trasmettere la mia comprensione per quanto stava vivendo. A questa sensazione, spesso si uniscono varie emozioni e stati d’animo che rendono un po’ complicata la gestione delle varie situazioni che si presentano, ma la fiducia che si possa ritornare alla normalità continua ad essere forte, credo anzi che quando questa emergenza finirà saremo più consapevoli rispetto a noi stessi e al valore della relazione con gli altri .

Testimonianza di Pierpaolo
Come già saprete, la Caritas Diocesana di Viterbo ha ricevuto una nuova struttura per il dormitorio e per i nostri uffici del centro di ascolto… in concomitanza a questa emergenza Covid-19. Con le colleghe/i il nostro rapporto si è ulteriormente consolidato come una vera famiglia! pur mantenendo le dovute distanze e protezioni di sicurezza obbligatorie. Il nostro lavoro non si ferma mai, e oltre le attività d’ufficio, sosteniamo i nostri ospiti del dormitorio che stanno seguendo con dedizione le regole affinché non abbiano nessun contagio. ho pensato per alcuni di loro di utilizzare parte del loro tempo con un ripasso del corso scolastico di italiano che abbiamo dovuto sospendere. Le richieste dei pacchi viveri, come si può immaginare sono sensibilmente aumentati e non manca mai l’aiuto da parte nostra per raggiungere anche i più lontani. Sto pensando di chiedere alla mia collega Ombretta il trasferimento temporaneo se ci sarà la possibilità (e sarebbe la prima volta) di accogliere un’intera famiglia, con due bimbi piccoli, presso il nostro dormitorio, famiglia che sto seguendo e che a causa del Covid-19 sono impossibilitati al rientro assistito nel loro paese e che attualmente si trovano in una situazione molto precaria.

Testimonianza di Richard
I tempi in cui viviamo sono duri, non lo si può negare. Forse oggi come mai più prima è costretta questa generazione a dimostrare il suo volto umano con uno sguardo rivolto non più ad un maschio o una femmina, ad un italiano o cinese, ma all’uomo stesso. È incredibile vedere di quali cose l’uomo è capace se è costretto. Può fare grandi disastri ma anche grandi miracoli. Li chiamo così anche se qualcuno potrebbe obbiettare che le opere fatte dalle mani degli uomini non lo sono. Ma non è ciò che ho scoperto io. Per me, ogni atto d’amore è un seme di grande miracolo. E dove lo vedo? Proprio nel nostro volontariato. Esso mi fa ricordare quando è necessario che io esca da me stesso, dalla mia comodità per poter vedere l’uomo, per vedere anche la vita stessa. È proprio ciò che accade alla mensa della Caritas diocesana. Vado lì a incontrare la persona che soffre. Non mi devo aspettare nessun “grazie” anche a volte lo ricevo. Lì mi rendo conto del mio egoismo, ti quanto fino ad ora pensavo soltanto a me stesso e al mio futuro. Ma Dio mi ha dato la grazia in questo volontariato di servire alle persone ma in primis per il loro bene ma anche per la mia salvezza. È incontrando la miseria che si rende conto di quanto si sia miseri. Io ho visto quella mia quando ho sentito il mio egoismo, ho capito che queste persone senza tetto sono misere dal punto di vista economico ma io lo sono nel senso spirituale. È una grazia per me questo volontariato. C’è in giro un virus e le persone che incontriamo possono essere contagiate e io devo stare attento per il mio bene e per il bene delle persone che incontro. Questo è vero! Indossiamo perciò le mascherine e i guanti sulle mani. Ma mi sembra che nei confronti di questi ultimi che soffrono li indossavo da sempre, le mascherine sul mio cuore e i guanti sui miei sentimenti. È ora di svegliarsi dal sonno. Durante il servizio alla mensa il mio compito è prendere i vassoi di cibo e portarli sul tavolo dove sono sedute le persone. Spesso l’insensibilità e paura che sono dentro di me non mi permettono di dare a loro quello di cui hanno veramente il bisogno. La gentilezza. Ed è un’ironia perché essa è proprio ciò che io nella vita chiedo dagli altri nei miei confronti. È una benedizione per me il volontariato perché mi fa vedere il mio l’io interiore e mi fa capire che uno vive la propria vita in modo pieno solo quando la dona giorno dopo giorno.

Testimonianza di Silvia
La città è vuota silenziosa, tutti vivono nel proprio isolamento. La Caritas invece è viva, unita, operativa e gioiosa.

Testimonianza di Simona
Il termine “crisi”, di derivazione greca, originariamente era utilizzato in riferimento alla trebbiatura e indicava la separazione della granella del frumento dalla paglia e dalla pula, l’attività conclusiva nella raccolta del grano. Col tempo “crisi” ha perso la sua derivazione agricola ma ha mantenuto il significato di mutamento, cambiamento. Tante volte nella mia vita mi sono chiesta “Come si esce da un periodo di crisi?”. E la riposta l’ho trovata nella trasformazione. Il miglior modo per trasformarsi è seminare. Seminare. Seminare, poco o tanto, ma seminare. Il coraggio. La fiducia. La speranza. In famiglia. Nel lavoro. Tra gli amici. Per trovare una risposta nuova a quelle domande nuove che ci vengono dalla vita e che a volte ci sembrano anche più grandi di noi.

Testimonianza di Valeria
In questa situazione di emergenza anche la professione psicologica è pronta a fare la sua parte. Il problema oggettivo attuale diventa anche soggettivo, ovvero ognuno di noi ha emozioni, paure e vissuti diversi. La percezione del rischio può variare da persona persona: si può passare dal vero e proprio panico alla sottovalutazione dei possibili rischi. In questo particolare momento stiamo riscontrando delle richieste di aiuto che richiedono un supporto psicologico. Spesso si tratta di situazioni di fragilità preesistente che si acuisce dovendo stare in casa e riducendo i contatti sociali. Stiamo supportando le persone con dei colloqui di sostegno a “distanza” per essere comunque “vicini” nella relazione. Altro sostegno necessario è quello verso operatori e volontari che si trovano in prima linea ad assistere persone bisognose in condizioni nuove, con nuove disposizioni e in un contesto mutevole. Stiamo riscontrando grande disponibilità e solidarietà e per questo ringraziamo tutti. Ci stiamo buttando con cuore, sentimento e idealità come la situazione di emergenza richiede, ma prestando anche attenzione a non dimenticare, nella frenesia, un bagaglio professionale e tecnico….in attesa di riabbracciarci.

Testimonianza di Sabrina
In questo periodo si potrebbe avere la sensazione che non stiamo vivendo il presente e, invece, credo che stiamo ritrovando il presente, l’esserci ora e qui. Eravamo abituati a correre nella percezione di approfittare sempre più della vita e del tempo, credendo di essere veramente liberi. Forse questo “contrattempo” ci può aiutare a capire che la vera libertà è poter scegliere ciò che dà pienezza al nostro cuore. E anche se sembra tutto sospeso, niente si è fermato, e lo comprendiamo nel momento in cui ci accorgiamo che un fiore è sbocciato perché ci fa comprendere quanta bellezza e quanto amore ci sono stati donati senza, a volte, avvertirlo appieno. Si continua a lavorare con passione e piacere, anche se distanti, sempre uniti da uno scopo comune: il desiderio di costruire insieme speranza, solidarietà, futuro, dialogo, ascolto, sostegno e responsabilità. Ogni progetto nasce nel momento in cui si comprende che non possiamo bastare a noi stessi e che abbiamo bisogno di camminare insieme per realizzare concretamente un sogno, un sogno che può essere donato, costruendo relazioni, in cui ognuno mette a disposizione degli altri, le proprie risorse e professionalità, guidati sempre dall’etica cristiana e dalla fede che ci porta a percorrere uniti la stessa strada.